Alfonso Caruso, ex Rende ed Amantea, è subentrato in corsa alla guida dell’Atletico Maida portandolo ad una salvezza relativamente serena.
L’ultima volta in Promozione hai fatto il salto di categoria con l’Amantea, che campionato hai trovato cinque anni dopo?
«Un campionato in generale in leggera flessione, almeno per quanto riguarda il girone A. C’è stata tantissima differenza tra le squadre della zona play off e quelle più attardate. Il livello potrebbe essere sceso anche per le questioni covid. Tolte le prime il livello è stato medio basso, ma alcuni valori vengono espressi ugualmente e mi auguro che possa essere intrapreso un percorso di risalita».
Quanto ha pesato la tua voglia di rilancio nella scelta di abbracciare il progetto dell’Atletico Maida?
«Ha pesato tantissimo, unitamente alla grande amicizia che mi lega con Vincenzo Zaccone che mi ha convinto a cimentarmi in questa sfida. Ho avuto nel tempo qualche richiesta, financo da serie superiore, ma non c’erano le condizioni anche personali. La chiamata del Maida ed il conoscere la società mi hanno portato a cullare l’idea dell’impresa e con il mio staff siamo riusciti a portare a casa il risultato, nonostante la situazione complessa. Aver fatto bene in questi mesi può portare a nuovi scenari per la mia carriera».
Quale è stato il punto di svolta per andarsi a prendere la permanenza?
«Io credo che la partita chiave sia stata l’infrasettimanale con il VE Rende. Andando a fare quell’exploit, abbiamo capito che ci saremmo potuti salvare direttamente. A gennaio eravamo a +1 dall’ultimo posto e con una gara in più rispetto al San Fili, con il VE Rende però si è invertito il trend, sublimato probabilmente con la vittoria di Trebisacce».
L’Atletico Maida è una società che negli anni si è ben strutturata il futuro sarà ancora insieme?
«Con la dirigenza ci parliamo spesso. Il mio obiettivo è quello di fare il meglio possibile, è giusto che un tecnico della mia età nutra determinate ambizioni avendo già lavorato in altre categorie. Voglio però sottolineare come il Maida sia una società modello, ha potenzialità importanti e forse il vero limite della società è la questione delle strutture. Il nostro confronto gira anche su questo perché se si trovasse una soluzione a questa situazione potremmo toglierci altre ed alte soddisfazioni programmando con minuzia e poi lavorare in un contesto confortevole in tema strutturale».
Il prossimo potrebbe essere il primo torneo totalmente libero dalle limitazioni covid, come è cambiato il modo di essere allenatore dopo la pandemia?
«Purtroppo il covid è stato un malus importante anche nella gestione dello spogliatoio nella relazione con i ragazzi. Ancora oggi in realtà viviamo con il dubbio quando siamo nello spazio chiuso, non è facile gestire queste cose. Mi auguro che ora ci si avvii verso l’anno zero per lavorare senza grosse turbative, si perdono tante cose con le limitazioni che abbiamo subito. Abbiamo imparato ad applicare regole ferree ed usare il freno a mano. Qualcosa è cambiato, ma la speranza è che il futuro ci regali nuovamente il modo di avere contatto come un tempo».