AMANTEA - Quando era stato esonerato, su un punto aveva voluto essere molto chiaro. «Lascio una squadra costruita con l'obiettivo di salvarsi - disse Francesco Ortolini - con tre punti di vantaggio sulla zona play out». Quei 21 punti conquistati in 16 match non erano però bastati a conservare il posto. E lui, con un lungo intervento, aveva manifestato ciò che, a suo dire, non era andato per il verso giusto. Adesso, dopo le dimissioni di Suriano, probabilmente Ortolini pensava di essere richiamato. O forse no. Fatto sta che non ce l'ha fatta più a tenersi tutto dentro ed ha esternato le sue sensazioni in merito all'Amantea calcio ed al suo contorno, forte anche di quella profezia e di quei 21 punti in 16 giornate, per una media di 1,31 che moltiplicata per le 26 giornate di campionato, oggi darebbe un punteggio di 34 punti, che vuol dire salvezza ad un passo. A ruota libera, Ortolini ha chiamato tutti in causa, dai calciatori, ai tifosi, alla dirigenza, perché «siccome ho nel cuore le sorti dell'Amantea calcio - dice in merito - voglio focalizzare l'attenzione sui responsabili di questo ignobile girone di ritorno». Questo perché «dopo tre anni da allenatore in questa cittadina pensavo di avere meritato del rispetto come tecnico, ma soprattutto come uomo per i traguardi ottenuti sul campo (promozione in Eccellenza e salvezza, più l'8° posto alla fine dell'attuale girone di andata). Ed anche per i rapporti e il rispetto che ho avuto nei confronti di tutti». E l'ex trainer blucerchiato individua subito i primi colpevoli: «Non riesco a capire come si fa a tenere in squadra i responsabili di questa disfatta, vale a dire i signori Catalano, Miceli, Natalino che hanno fatto riunioni su riunioni per esonerare il sottoscritto e per favorire chi ben sappiamo. E poi, dopo il mio esonero, il signor Catalano ha lasciato la squadra molte volte in dieci e non per falli di gioco, ma per proteste, compromettendo la partita e in più non andando, perché squalificato, ad affrontare trasferte importanti( a buon intenditor, poche parole). A ciò si aggiunga il modo in cui tratta i compagni, tanto da aver rotto gli equilibri nello spogliatoio. Non meritava, il signor Catalano, tutto quello che gli ho dato, dopo aver passato gli anni precedenti a veder gli altri giocare. Doveva avere il coraggio di parlare chiaro, come ho fatto e sto facendo io tuttora». Su Miceli, il tecnico catanzarese rincara la dose: «La gente parla di lui come di uno attaccato alla maglia, ma si deve sapere che il signor Miceli si allena con sufficienza, quasi che facesse un favore. Inoltre arriva sempre in ritardo, non si presenta agli allenamenti del mattino, visto che si ritira tutte le notti all'alba, e poi parte di tanto in tanto in vacanza per dieci o quindici giorni non preoccupandosi del danno che fa alla squadra, oltre a prendere 6 giornate di squalifiche o a ricattare la dirigenza di andare via se non è puntuale nei rimborsi. Ditemi voi se questo è l'attaccamento alla maglia del capitano!». Per quanto riguarda Natalino, invece, Ortolini non si spiega perché «si è schierato contro di me. Eppure l'ho sempre fatto giocare, da titolare o gettandolo nella mischia a gara in corso, realizzando pure dei gol importanti, anche se spesso ne sbagliava di clamorosi. Ma io l'ho sempre spronato, senza fargli mai pesare alcun errore. E dopo il mio esonero non ha mai giocato». Nel suo sfogo, Francesco Ortolini non risparmia «quelle persone che ruotano attorno alla squadra, le quali hanno fatto di tutto per mettermi in difficoltà, come Ninì il magazziniere che a nessuno stava bene, ma che nessuno ha avuto il coraggio di mandare a casa dal momento che non faceva niente, e Vituzzo, il capotifoso che ha fatto di tutto per mettermi contro la tifoseria per secondi fini o per favorire qualcun altro... ». E poi si passa alla società: «Sono rimasto deluso dal comportamento di Walter Sconza e Miriam Bruno, perché non mi hanno tutelato, agevolando, così, l'opera discriminatoria di chi mi remava contro e tramava alle mie spalle». A tutto ciò Ortolini aggiunge «la delusione nei confronti dei calciatori per aver permesso troppo nello spogliatoio a questa gente e di non aver avuto gli attributi per dire le cose come stavano in modo da risolvere il problema». Quindi la conclusione: «Chiudo dicendo che nelle stesse partite giocate con me alla guida nell'andata, la squadra ha fatto 16 punti sul campo, non certo i tre più uno fattida altri nelle gare del ritorno. Quello è stato il mio ultimo regalo, sperando che tutto ciò possa spronare e fare arrabbiare tutti affinché si possa avere una reazione tale da poter raggiungere l'obiettivo e salvare la “mia” squadra. Un grosso in bocca a lupo a mister Scardamaglia ottimo allenatore e grande uomo e amico. E tutto ciò lo dico da vero tifoso dell'Amantea, perché questa squadra è rimasta nel mio cuore, nonostante tutto quel che mi è stato fatto. Per l'Amantea ho fatto cose che neppure per la mia famiglia e questo è stato il ringraziamento. Ma io quei colori li sentirò sempre sulla mia pelle».
tratto da "Il Quotidiano della Calabria"