CESSANITI – Per i dirigenti e per tutta la tifoseria della squadra di calcio di Cessaniti, militante nella Prima categoria, la sentenza della commissione
territoriale della Calabria, apparsa sul comunicato ufficiale del 15 gennaio scorso, è stata come una pugnalata al cuore. Non si può definire altrimenti
la penalizzazione di ben 15 punti in classifica per tentato illecito, da scontarsi nel campionato in corso, il che potrebbe significare la retrocessione
diretta al campionato di Seconda categoria. Secondo gli organi sportivi interessati, il presunto tentativo di illecito nella partita Cessaniti-Tropea del 1 aprile 2007 sarebbe stato commesso dall’ex dirigente Francesco Barbieri, che poi ha lasciato polemicamente la società per diventare presidente di un altro sodalizio, la Nuova Pannaconi, frazione del comune di Cessaniti, militante in Terza categoria. Unanime l’amarezza, e anche la rabbia, dei dirigenti del Cessaniti i quali si dichiarano totalmente estranei ai fatti contestati, e al riguardo, ricordano che la partita “incriminata” era stata persa sul campo per 1-0 dal Cessaniti che poi l’aveva vinta a tavolino con sentenza del Giudice sportivo, in seguito ad una errata sostituzione di un giocatore. Ad avviso dei dirigenti della società la sentenza appare, in ogni caso, sproporzionata, eccessiva al punto da indurli a pensare che da qualcuno, a livello locale,
possa essere stato orchestrato un complotto mirato alla scomparsa definitiva della società che milita nel calcio dilettantistico ininterrottamente dal 1968, arrivando in passato a disputare anche il campionato di promozione. «A fine campionato - dichiara il presidente Tavella - era nostra intenzione festeggiare i 40 anni di storia, portando a Cessaniti personalità dello sport e squadre professionistiche; adesso invece, dopo questa sentenza, la società rischia di scomparire. E’ appena il caso di ricordare che sentenze di tale gravità non ci sono state nemmeno nel calcio professionistico, dove gli illeciti sono stati accertati con prove certe (intercettazioni telefoniche e quant’altro), ma forse lì gli interessi erano troppo forti. A nostro avviso, la commissione disciplinare regionale e il sostituto procuratore federale di Catanzaro hanno voluto pronunciare una sentenza “esemplare” per l’intero mondo dilettantistico vibonese e calabrese, facendo pagare alla mia società tutti i problemi che nel calcio dilettantistico calabrese esistono, per primo
la violenza, un aspetto mai seriamente combattuto ». A quanto si è appreso, la società produrrà ora ricorso alla Commissione disciplinare nazionale per la revisione della sentenza: «In caso di esito negativo - prosegue il presidente Tavella - a conclusione del campionato in corso molto probabilmente tutti i dirigenti abbandoneremo questo calcio per ritornare nelle nostre famiglie. Non siamo più disposti a spendere soldi per uno sport in cui avvengono così palesi ingiustizie. Lasceremo campo libero a quei dirigenti violenti e prepotenti che molte volte sia gli arbitri che i dirigenti regionali finiscono, oggettivamente anche se involontariamente, per proteggere. Siamo padri di famiglia e persone per bene – conclude Tavella, a nome di tutta la dirigenza – se giustizia non sarà fatta, questo sport non è per noi».

da "il quotidiano della calabria"