Calcio femminile, situazione Lorenzon e sogni nel cassetto. Intervista a Lucio Marrello
Calcio femminile, situazione Lorenzon e sogni nel cassetto. Intervista a Lucio Marrello

Un’estate movimentata quella che si sta vivendo a Rende e tra i protagonisti del mondo del pallone rendese c’è sicuramente Lucio Marrello che siamo andati a sentire

 Si sta lavorando sulla squadra femminile, cosa possiamo dire su questo progetto?
 «Possiamo dire innanzitutto che si è iniziato solo ed esclusivamente per passione, infatti da noi non si pagano né quote mensili e neanche i kit; ma, a parte questo, abbiamo pensato di costruire dal basso la struttura delle squadre partendo dall’under 12 fino all’under 17 come settore giovanile con l’idea un giorno di fare la squadra “delle grandi” con ragazze che vengono dal nostro settore giovanile. In più abbiamo avviato contatti con diverse società di calcio femminile di categorie superiori, al fine di poter condividere percorsi comuni in un’ottica di crescita a livello tecnico e societario. Percorso già iniziato tanto ed il 1° settembre, saremo ospiti per un’amichevole con il Lecce Calcio Women». 

Il calcio femminile può diventare un traino per tutto il movimento?
«In molte realtà del Nord, è sicuramente un veicolo di crescita dell’immagine delle società; da noi ancora non c’è questa mentalità, anzi siamo in pochi a credere nel calcio femminile. Purtroppo in Calabria rimaniamo indietro in troppe cose, non per capacità ma per volontà. Si rimane attaccati a dinamiche arcaiche. Anche il Comitato Regionale Figc, dovrebbe fare di più per sviluppare il movimento, attraverso iniziative incentivanti e assegnando i ruoli di direzione a persone che credono nel movimento e che non siano incompatibili in quanto tecnici e dirigenti di società».

In linea generale il territorio del cosentino quanta potenzialità ha complice la presenza dell'Università?
«Per sano campanilismo, ti correggo e ti dico che il territorio rendese. Sì, sicuramente l’università della Calabria ha sicuramente un impatto dirompente sul territorio, non altro per i circa 40.000 iscritti. Ma il cuore pulsante di ogni città rimane il proprio popolo, quello che vive la propria città con senso di appartenenza e con passionalità».

Rimanendo su Rende, spinosa è stata la questione Lorenzon, quanto ha limitato il calcio cittadino?
«Più che spinosa, questa  domanda e meriterebbe un dibattito. Non entrando nel merito delle motivazioni che hanno spinto la triade Commissariale alla revoca della concessione al Rende Calcio, che comunque non ritengo corretta poiché, in qualunque città del mondo, la squadra che porta il nome della città deve, giocoforza, avere l’utilizzo dello stadio principale e svolgere gli incontri di campionato.
Certo una gestione ed un utilizzo condiviso avrebbe forse giocato un ruolo determinante ma, l’utilizzo condiviso doveva essere determinato dalla casa comunale e non dai presidenti delle singole squadre che, vuoi per un motivo vuoi per un altro, naturalmente cercano di far prevalere gli interessi del proprio club rispetto agli altri. Aggiungiamo, poi, che in questo momento la classe politica è stata messa da parte per il commissariamento del Comune ed il dado è tratto. Nel mio piccolo ho sollecitato, senza alcun interesse ad avere personalmente la gestione del “Lorenzon”, i Commissari a mezzo pec addirittura offrendo, a titolo di donazione per la Città,  il completamento dei lavori degli spogliatoi, sollecitando anche il Prefetto, ma l’offerta è stata rifiutata. Però si è messo in moto un movimento di cooperazione tra le tante associazioni del territorio, tanto da costituirci in comitato che ha solo ed esclusivamente interessi comuni ed ha intenzione di intraprendere iniziative atte ed idonee a ristabilire quelle regole che, anche se non scritte, rivestono importanza per la collettività».

C'è un sogno nel cassetto?
«Chi mi conosce bene, sa quello che è stato il mio sogno da sempre: vedere la squadra della mia amata città giocare nel calcio professionistico, come fino a pochi anni fa, e che proprio io sia il presidente. Un giorno, chissà».