Si parla tanto di ponderazione e programmazione nel calcio, ma forse siamo lontani, decisamente lontani da queste pratiche. L'esempio lampante? La tragedia che si è abbattuta su Genova e la seguente gestione del mondo del calcio (e forse non solo). Una ridda di voci su rinvii e controrinvii della prima giornata e poi? Si sospendono solo le gare delle genovesi. Un po' come l'Italia che "boicottò" (non da sola) le Olimpiadi 1980 di Mosca non inviando atleti militari.
Nei dilettanti? A questo livello si sceglie il rinvio di un intero turno di preliminari di coppa Italia di serie D a meno di 48 ore dal fischio d'inizio delle partite, previste in una giornata dove i funerali già sarebbero stati celebrati. Entrare nel merito delle decisioni non ci compete, ma è doppio il canale di insensibilità nel quale la nave del calcio si è messa a navigare.
Da un lato non si è avuta la reattività di prendere decisioni immediate, nel rispetto di chi ha perso la vita, di chi soffre per questo ed anche per "protestare" su come questo Paese si sgretola dovendo sempre eleggere a nuovi eroi i soccorritori che si rompono la schiena in tragedie spesso evitabili; l'altro canale è l'aver spazzato via la pianificazione di colleghi e squadre che avevano impostato il lavoro e magari preso già impegni ed accordi in vista dei match (col rischio di creare difficoltà economiche a squadre che già fanno i salti mortali per garantire la partecipazione ai tornei di competenza).
Anche in questo caso, il calcio dimostra tutte le sue fragilità che rispecchiano quelle di un intero Paese, che sciarpa al collo dalle 18.00 di oggi tornerà, giustamente, a tifare per i suoi beniamini del “calcio che conta”, nella speranza che non ci si debba preoccupare delle strade che ci portano agli stadi e non solo.
Forse era meglio fermare tutto per 1’ o per un giorno… Ma in base all’interesse lo show deve sempre continuare.