La sofferenza non è per tutti, specie quando la sofferenza diventa un urlo di gioia spezzato beffardamente quando tutto sembra alle spalle.L'AC Locri 1909 è la creatura prediletta di oltre 12500 persone che si dividono su tante cose, ma su quella maglia amaranto no! Si uniscono.
Era il 1988 e Peppe Alia segnava il gol che riportava, per poco, in serie D il Locri.
Da quel momento diversi i momenti felici o quasi.
95/96 una grande cavalcata in eccellenza con un terzo posto che si materializza per un pareggio contro il Cirò ben oltre il 90esimo, ma ancor peggio la quasi felicità una finale di coppa Italia nazionale persa con il solito, stracolorato e passionale, pubblico ad incitare ed applaudire.96/97 sembra l'anno perfetto, l'anno che potrebbe proiettare il Locri in un professionismo che la città meriterebbe di vivere, ma è quasi maledetta felicità... Poi il buio, cadute su cadute fino alla mancata iscrizione di tre anni fa.
Lo scorso anno la risurrezione con la beffa delle beffe in casa che stordirebbe anche un toro, ma non una città che ama follemente una squadra che con una dirigenza determinata, una rosa fantastica condotta da uno staff tecnico "eccellente", è ripartita diventando una locomotiva di emozioni che riporta dopo 28 anni Locri ad urlare di gioia e PIENA FELICITA’ per aver vinto un campionato e, soprattutto, gettare le basi per obiettivi sempre maggiori da ambire perché i mantra non sono questione di categoria e se il tifoso vario ha in testa: Zoff, Gentile, Cabrini... Buffon, Cannavaro, Materazzi o Sarti, Burnich e Facchetti...
A Locri per molto tempo si parlerà di questa formula felice: Macrì, Agostino, Pasqualino, Tripodi, Tedesco, Romeo/Scigliano, Akuku, Casisa, Giovinazzo, Libri/Artuso/Vita, Iervasi/Papaleo. All. Carella.